Gentilezza: s.f, amabilità, garbo, cortesia nel trattare con altri.
Il principio della gentilezza raccoglie alcuni punti fondamentali per un'educazione che risulti rispettosa e armonica: agire con gentilezza significa evitare l'uso di violenza, dei castighi, delle punizioni, e di minacce e ricatti.
Essere gentili con i propri figli non può far altro che rinforzare e sublimare la relazione con loro: un bambino trattato con gentilezza sarà portato a sua volta a fare altrettanto (pur rimanendo libero di non esserlo sempre, esattamente come noi). Sentirsi amati, di valore, importanti e da curare è un dono, non un vizio. Comportarsi con gentilezza e accoglienza verso i bambini non va a scalfire la nostra immagine di genitori ma anzi va a promuovere una relazione autentica, perché chiunque è più disposto a interagire e a collaborare con chi si mostra disponibile e sensibile. Il rispetto che tutti i genitori vorrebbero ricevere da parte dei figli, parte proprio dal rispetto che i genitori per primi rivolgono loro. Avete mai usato modi bruschi, parole forti e atteggiamenti minacciosi nei confronti del vostro maestro preferito da bambini? Probabilmente no, perché non ne avete mai avuto bisogno.
Il grande equivoco che sta alla base delle concezioni educative classiche sta proprio nel concetto di rispetto: si pensa che per ottenere rispetto si debba in qualche modo far leva sulla paura, incutere timore, si dice proprio “esigere rispetto”. Già la parola “esigere” mostra l'equivoco, poiché il rispetto non si ottiene con la forza, ma si costruisce pezzo dopo pezzo, interazione dopo interazione, gesto dopo gesto.
La paura e la rabbia che derivano dall'essere colpiti (buffetti, schiaffetti, pacchette compresi), minacciati, ricattati, isolati ed esclusi sono tutte emozioni che vanno lentamente a minare la solidità del legame con i bambini, ma anche il loro sviluppo cerebrale, emotivo e di personalità, la loro capacità di regolare le emozioni e la loro felicità relazionale presente e futura. Sono azioni gravi che fino all'altro ieri erano considerate “necessarie”, di cui tanti ancora oggi parlano con superficialità e leggerezza: “uno schiaffo non ha mai ucciso nessuno”. Per fortuna non viviamo essenzialmente per mantenerci vivi, ma anche per sentirci felici, soddisfatti e appagati dalla vita e questo non è un vezzo o un lusso per pochi. Essere felici, sentirsi sereni è uno dei diritti fondamentali dell'infanzia.
Ogni bambino ha diritto ad essere felice e direi anche ogni adulto.
La nostra cultura ci porta a pensare alla felicità e alla soddisfazione come fossero un benessere per pochi, un “di più”, un capriccio! Ridare dignità al benessere psichico ed emotivo è uno degli obiettivi di questo approccio: i bambini di oggi sono viziati perché non si prendono più sculaccioni e schiaffi? Io credo che i bambini di oggi siano immersi in una società assente, ambivalente e carente su tanti punti di vista e che il motivo dei fenomeni “anomali” a cui assistiamo oggi vada ricercato altrove e non certamente nel crescente disuso di pratiche violente.
Diversi studi ad esempio dimostrano come la violenza verbale, la minaccia e il ricatto vadano ad attivare le stesse aree del cervello coinvolte quando si subisce violenza: il peso è il medesimo.
Fa più male uno schiaffo o una minaccia?
Difficile rispondere, ma entrambi fanno leva sulla paura dei bambini, emozione che nessun cucciolo di mammifero dovrebbe sperimentare nella relazione con le sue figure di riferimento. Esse sono per natura percepite come fonti di cure e amore: percepirle come spaventanti è un'esperienza destabilizzante per la mente del bambino.
Pratichiamo dunque la gentilezza, aspetto centrale anche nelle tecniche di mindfulness: con pazienza e con gentilezza, mettetevi in ascolto di voi stessi. Cosa desidero così fortemente? C'è qualcosa di intenso dentro di me che mi porta ad azioni molto forti (sculaccione, urlo, minaccia): come posso dargli voce senza che mio figlio ne esca spaventato? Come possiamo usare entrambi questo momento? Esistono molti modi e molte strade, il primo è: parlate, agite e comunicate con i vostri bambini esattamente come a voi piacerebbe che qualcuno di affettivamente molto importante si rivolgesse a voi, specialmente nei momenti di difficoltà.
Testo elaborato dalla Dott.ssa Valeria Falovo
Il principio della gentilezza raccoglie alcuni punti fondamentali per un'educazione che risulti rispettosa e armonica: agire con gentilezza significa evitare l'uso di violenza, dei castighi, delle punizioni, e di minacce e ricatti.
Essere gentili con i propri figli non può far altro che rinforzare e sublimare la relazione con loro: un bambino trattato con gentilezza sarà portato a sua volta a fare altrettanto (pur rimanendo libero di non esserlo sempre, esattamente come noi). Sentirsi amati, di valore, importanti e da curare è un dono, non un vizio. Comportarsi con gentilezza e accoglienza verso i bambini non va a scalfire la nostra immagine di genitori ma anzi va a promuovere una relazione autentica, perché chiunque è più disposto a interagire e a collaborare con chi si mostra disponibile e sensibile. Il rispetto che tutti i genitori vorrebbero ricevere da parte dei figli, parte proprio dal rispetto che i genitori per primi rivolgono loro. Avete mai usato modi bruschi, parole forti e atteggiamenti minacciosi nei confronti del vostro maestro preferito da bambini? Probabilmente no, perché non ne avete mai avuto bisogno.
Il grande equivoco che sta alla base delle concezioni educative classiche sta proprio nel concetto di rispetto: si pensa che per ottenere rispetto si debba in qualche modo far leva sulla paura, incutere timore, si dice proprio “esigere rispetto”. Già la parola “esigere” mostra l'equivoco, poiché il rispetto non si ottiene con la forza, ma si costruisce pezzo dopo pezzo, interazione dopo interazione, gesto dopo gesto.
La paura e la rabbia che derivano dall'essere colpiti (buffetti, schiaffetti, pacchette compresi), minacciati, ricattati, isolati ed esclusi sono tutte emozioni che vanno lentamente a minare la solidità del legame con i bambini, ma anche il loro sviluppo cerebrale, emotivo e di personalità, la loro capacità di regolare le emozioni e la loro felicità relazionale presente e futura. Sono azioni gravi che fino all'altro ieri erano considerate “necessarie”, di cui tanti ancora oggi parlano con superficialità e leggerezza: “uno schiaffo non ha mai ucciso nessuno”. Per fortuna non viviamo essenzialmente per mantenerci vivi, ma anche per sentirci felici, soddisfatti e appagati dalla vita e questo non è un vezzo o un lusso per pochi. Essere felici, sentirsi sereni è uno dei diritti fondamentali dell'infanzia.
Ogni bambino ha diritto ad essere felice e direi anche ogni adulto.
La nostra cultura ci porta a pensare alla felicità e alla soddisfazione come fossero un benessere per pochi, un “di più”, un capriccio! Ridare dignità al benessere psichico ed emotivo è uno degli obiettivi di questo approccio: i bambini di oggi sono viziati perché non si prendono più sculaccioni e schiaffi? Io credo che i bambini di oggi siano immersi in una società assente, ambivalente e carente su tanti punti di vista e che il motivo dei fenomeni “anomali” a cui assistiamo oggi vada ricercato altrove e non certamente nel crescente disuso di pratiche violente.
Diversi studi ad esempio dimostrano come la violenza verbale, la minaccia e il ricatto vadano ad attivare le stesse aree del cervello coinvolte quando si subisce violenza: il peso è il medesimo.
Fa più male uno schiaffo o una minaccia?
Difficile rispondere, ma entrambi fanno leva sulla paura dei bambini, emozione che nessun cucciolo di mammifero dovrebbe sperimentare nella relazione con le sue figure di riferimento. Esse sono per natura percepite come fonti di cure e amore: percepirle come spaventanti è un'esperienza destabilizzante per la mente del bambino.
Pratichiamo dunque la gentilezza, aspetto centrale anche nelle tecniche di mindfulness: con pazienza e con gentilezza, mettetevi in ascolto di voi stessi. Cosa desidero così fortemente? C'è qualcosa di intenso dentro di me che mi porta ad azioni molto forti (sculaccione, urlo, minaccia): come posso dargli voce senza che mio figlio ne esca spaventato? Come possiamo usare entrambi questo momento? Esistono molti modi e molte strade, il primo è: parlate, agite e comunicate con i vostri bambini esattamente come a voi piacerebbe che qualcuno di affettivamente molto importante si rivolgesse a voi, specialmente nei momenti di difficoltà.
Testo elaborato dalla Dott.ssa Valeria Falovo