Disciplina Dolce: termine “ombrello” che racchiude in sé moltissime prospettive, teorie e punti di vista che derivano dalle più svariate discipline (psicologia, pedagogia, teorie della comunicazione).
Il concetto è ancora “in divenire” ma si possono ricondurre le idee e i suggerimenti di moltissimi testi che funzionano da capisaldi per avvicinarsi all'argomento. Si tratta soprattutto di un approccio, una prospettiva, un atteggiamento con cui si sceglie di vivere la genitorialità e l'educazione. Educare con dolcezza, empatia e rispetto è qualcosa che dopo poco tempo scalda il cuore perché consente di vedere le cose per quello che sono e di vivere realmente la relazione con i nostri bambini. Significa disfarsi (anche con paura!) dei preconcetti e di pregiudizi che si hanno sui bambini e immergersi completamente nella relazione con loro, una specie di “io sono io e chi sei tu?”.
Proviamo ad elencare i concetti base:
L'attenzione viene spostata sull'apprendimento, anziché sul risultato, questo significa partecipare ai traguardi e alle scoperte dei nostri figli in maniera autentica, esprimendo anche in questo caso le loro e le nostre emozioni, scevre da ogni forma di giudizio (positivo o negativo). Troverete un post dettagliato anche per questo. Sembra ovvio, ma è bene dirlo: nella disciplina dolce non vengono incluse forme di violenza fisica e psicologica di alcun tipo. “Ma la pacca sul pannolino non è violenza”, sì, lo è. Fisicamente fa forse meno male di uno schiaffo in pieno volto, ma moralmente la equivale. Questo non vuole dire che una mamma o un papà che perdono la pazienza vadano messi alla gogna e colpevolizzati ma come per ogni cosa andrebbe esplorato e scoperto come mai dentro di noi scatta questo impulso ad intervenire fisicamente sui bambini.
Ottenere le cose con la violenza è lo specchio di un'impostazione che è cieca dei bisogni e ignorante delle modalità con cui si formano mente e personalità umane: si parte già dal presupposto sbagliato, ossia “voglio ottenere qualcosa da te” (che stai seduto, che ti calmi, che sali in macchina, che chiedi scusa). Qui non si cerca di ottenere niente, si cerca di condividere e spiegare. Usare la violenza fisica o psicologica (ricatti, minacce) può anche portarci ad ottenere qualcosa ma tramite quale emozione? La paura e il timore. Un bambino smette di correre se sculacciato perché SI SPAVENTA. Non perché capisce che c'era un pericolo, che la strada funziona in una certa maniera, che la mamma ha paura e vorrebbe trovare con lui un modo per passeggiare insieme senza rischiare di farsi male.
La disciplina dolce richiede sicuramente anche questi sforzi e proprio da questi sforzi nasce spesso la necessità di guardarsi dentro, di chiedersi “perché sento questo impulso? Perché non riesco ad essere sereno su questa cosa?”, è un percorso in avanti ma anche nel profondo. Qui cerchiamo di camminare insieme, di crescere insieme. Noi genitori fra di noi, noi genitori con i nostri figli, noi genitori che siamo figli a nostra volta. Tutto è relazione: la relazione è cornice, è inizio ed è obiettivo di questa splendida opportunità che sono i nostri bambini.
Testo elaborato dalla Dott.ssa Valeria Falovo
Il concetto è ancora “in divenire” ma si possono ricondurre le idee e i suggerimenti di moltissimi testi che funzionano da capisaldi per avvicinarsi all'argomento. Si tratta soprattutto di un approccio, una prospettiva, un atteggiamento con cui si sceglie di vivere la genitorialità e l'educazione. Educare con dolcezza, empatia e rispetto è qualcosa che dopo poco tempo scalda il cuore perché consente di vedere le cose per quello che sono e di vivere realmente la relazione con i nostri bambini. Significa disfarsi (anche con paura!) dei preconcetti e di pregiudizi che si hanno sui bambini e immergersi completamente nella relazione con loro, una specie di “io sono io e chi sei tu?”.
Proviamo ad elencare i concetti base:
- Il concetto di bisogno: si estende al bambino per tutta la sua infanzia anziché delimitarlo ai suoi primissimi mesi. L'obiettivo anzi sarebbe quello di riuscire ad intravedere i bisogni e i desideri anche in noi stessi adulti. All'interno di questo concetto potremmo introdurre il sostegno all'allattamento prolungato/a termine, un argomento attualmente molto discusso ma che ben rappresenta come ci si stia spostando da un'ottica “precocizzante” per tornare ad una riscoperta di tutto ciò che è naturale, spontaneo e previsto dall'evoluzione.
- Alto contatto: non solo baby-wearing ma uso della vicinanza fisica che è veicolo di quella emotiva. In questo potremmo far rientrare il co-sleeping ossia il sonno condiviso: bambini nel lettone con i genitori finché lo desiderano. Questo significa apprendere che non esiste il vizio della braccia, né la necessità di imparare a star soli nel lettino: il contatto è uno dei bisogni primari del bambino (e del cucciolo mammifero in generale), soddisfare questa necessità significa fornire ai bambini sicurezza e fiducia nelle figure di accudimento. I benefici dell'alto contatto sono stati dimostrati da tantissimi studi e ricerche, attualmente anche negli ospedali si sta riscoprendo l'uso di fasce, del rooming-in e del contatto madre-bambino dai primissimi momenti dopo la nascita (pelle-a-pelle).
- Assecondare i segnali e le richieste: questo è un punto che può destare molte preoccupazioni. Assecondare la richiesta del gelato prima di cena? Assecondare la richiesta di uscire senza giacca a febbraio? Assecondare la richiesta di arrampicarsi sul tavolo? Si. Se ce la sentiamo e se non implica reprimere un nostro bisogno personale. Questo punto si avvicina al tema del “capriccio”, termine che in questa disciplina viene totalmente abolito. Il capriccio è una richiesta, nello specifico la richiesta di soddisfare un bisogno. C'è sempre qualcosa sotto che ci sfugge e il nostro etichettare come “assurda” una richiesta ci allontana e basta, ci copre gli occhi, ci impedisce di vedere cosa ci sia realmente nel cuore e nella mente dei nostri bimbi. Ma è un discorso che merita un approfondimento a parte.
- La comunicazione non-violenta (CNV): ispirandosi agli illuminanti lavori di Rosenberg usare questa forma di comunicazione risulta utile, importante e funzionale alla costruzione della relazione. Anche questo si collega ai capricci. Riuscire a comunicare i nostri bisogni (imparando prima di tutto ad ascoltarli!) è qualcosa che richiede senz'altro allenamento ma porta le relazioni ad un livello profondo e autentico. Altro autore fondamentale per questa pratica è Gordon, che ci invita ad uscire dalla logica del "dargliela vinta" e entrare in un'ottica di win-win: significa, in breve, impostare il confronto e il dialogo in modo che entrambe le parti ne escano soddisfatte, attraverso la negoziazione, il riconoscere i bisogni di tutti e cercare di metterli assieme. Anche la CNV verrà approfondita più avanti.
- Funzione riflessiva: i bambini non possiedono la capacità di riconoscere e regolare le proprie emozioni. Sono emozione pura, la esprimono in maniera spesso molto evidente e esuberante, ma non sono in grado ancora di capirne il significato, di regolare l'espressione dell'emozione, di dare un ascolto e poi un nome ai segnali che avvertono nel loro corpo quando sboccia quell'intensa attivazione che noi grandi chiamiamo “emozione”. Questo è conseguenza dell'empatia: sento la tua emozione (torno bambino, per un attimo, insieme a te!) e la faccio mia, la sento nel cuore. Ritorno grande, uso la mia mente adulta per riflettere, ti mostro che ti ho visto. Ti mostro che hai una mente e un corpo fatto di emozioni, ti aiuto a scoprirne il significato. Insegnare ai figli l'importante guida che il loro mondo emotivo rappresenta è una funzione genitoriale centrale per lo sviluppo di una personalità sicura.
- Consapevolezza emotiva: è l'altra faccia della medaglia della funzione riflessiva. Raggiungere una sufficiente consapevolezza emotiva (cosa sto provando, perché, da dove arriva, come uso questa emozione, come la comunico e come me ne prendo cura) è spesso una strada che ci si apre davanti, un'autostrada quasi, nel momento in cui diventiamo genitori. Ci viene richiesto perché i bambini attivano dentro di noi un turbinio di emozioni, ricordi e vissuti che hanno il carattere dell'immediatezza: non possono essere rimandati, vanno guardati, affrontati, gestiti nel qui-e-ora. Per instaurare interazioni positive con i bambini una buona consapevolezza emotiva è l'ingrediente base. E' ciò che ci permette di dire “sono arrabbiata perché la mia amica non mi chiama da tanto, non perché tu stai sbattendo il cucchiaio sul tavolo”.
- Amore incondizionato: riferendosi direttamente al testo di A.Kohn, l'amore incondizionato è ritenuta una delle forma di relazioni più autentiche e funzionali nel rapporto genitori-figli. Da qui deriva il superamento dell'uso di premi/lodi e punizioni per avvicinarsi al bambino per ciò che è, per ciò che prova, per ciò che esprime senza esprimere giudizi né approvazione, amandoli senza se e senza ma. Un passo fondamentale verso questa forma d'amore è eliminare completamente (nella nostra mente ma anche nelle nostre parole) l'uso di premi e lodi (Bravo! Ce l'hai fatta!). Sembra una pratica crudele, in realtà è il tentativo di superare una concezione comportamentista di approccio al bambino (uso del rinforzo positivo) in cui viene approvato quando impara qualcosa o fa qualcosa che gli abbiamo richiesto.
L'attenzione viene spostata sull'apprendimento, anziché sul risultato, questo significa partecipare ai traguardi e alle scoperte dei nostri figli in maniera autentica, esprimendo anche in questo caso le loro e le nostre emozioni, scevre da ogni forma di giudizio (positivo o negativo). Troverete un post dettagliato anche per questo. Sembra ovvio, ma è bene dirlo: nella disciplina dolce non vengono incluse forme di violenza fisica e psicologica di alcun tipo. “Ma la pacca sul pannolino non è violenza”, sì, lo è. Fisicamente fa forse meno male di uno schiaffo in pieno volto, ma moralmente la equivale. Questo non vuole dire che una mamma o un papà che perdono la pazienza vadano messi alla gogna e colpevolizzati ma come per ogni cosa andrebbe esplorato e scoperto come mai dentro di noi scatta questo impulso ad intervenire fisicamente sui bambini.
Ottenere le cose con la violenza è lo specchio di un'impostazione che è cieca dei bisogni e ignorante delle modalità con cui si formano mente e personalità umane: si parte già dal presupposto sbagliato, ossia “voglio ottenere qualcosa da te” (che stai seduto, che ti calmi, che sali in macchina, che chiedi scusa). Qui non si cerca di ottenere niente, si cerca di condividere e spiegare. Usare la violenza fisica o psicologica (ricatti, minacce) può anche portarci ad ottenere qualcosa ma tramite quale emozione? La paura e il timore. Un bambino smette di correre se sculacciato perché SI SPAVENTA. Non perché capisce che c'era un pericolo, che la strada funziona in una certa maniera, che la mamma ha paura e vorrebbe trovare con lui un modo per passeggiare insieme senza rischiare di farsi male.
La disciplina dolce richiede sicuramente anche questi sforzi e proprio da questi sforzi nasce spesso la necessità di guardarsi dentro, di chiedersi “perché sento questo impulso? Perché non riesco ad essere sereno su questa cosa?”, è un percorso in avanti ma anche nel profondo. Qui cerchiamo di camminare insieme, di crescere insieme. Noi genitori fra di noi, noi genitori con i nostri figli, noi genitori che siamo figli a nostra volta. Tutto è relazione: la relazione è cornice, è inizio ed è obiettivo di questa splendida opportunità che sono i nostri bambini.
Testo elaborato dalla Dott.ssa Valeria Falovo