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La relazione genitore-figlio è unica e indissolubile: è l'unica relazione nella nostra vita che non potremo mai scindere. Non potremo mai smettere di essere genitori, non potremo mai smettere di essere figli. La responsabilità è grande, la pressione è tanta, la paura di sbagliare sempre dietro l'angolo.
Qui pensiamo però che esista un modo per stare con i nostri bambini che si allinea con tutto ciò che racchiude la Disciplina Dolce: non dobbiamo indirizzarli, non dobbiamo responsabilizzarli, dobbiamo semplicemente amarli e osservarli per quello che sono. Abbandonare le aspettative, il bambino “immaginato” che ci accompagna da tanto, tantissimo tempo, e viverli in maniera autentica, spontanea, genuina. Il messaggio che vorremmo trasmettere nella relazione con loro è “Sono qui con te”; il metodo che vorremmo adottare è quello della condivisione (di idee, di pareri, di punti di vista, di sensazioni, di bisogni, di emozioni... sì, esatto, con un bambino!); l'obiettivo che ci piacerebbe raggiungere è “ti amo senza se e senza ma”.

Sentite spesso parlare di premi e punizioni, se queste ultime sono state ormai quasi del tutto eliminate dai metodi educativi (quelle corporali soprattutto, non possiamo dire lo stesso rispetto alle punizioni psicologiche/ricatti/minacce), sui premi e le lodi c'è ancora tanta confusione. Questo deriva da una concezione comportamentista per cui “se voglio che tu faccia una cosa, ti do una ricompensa, così tenderai a rifarla per ottenere di nuovo quella ricompensa a te gradita”. Il meccanismo fallisce presto perché:

1 – la ricompensa un giorno non basterà più, non sarà più gradita, non darà più motivazione (Kohn parla di “dipendenza dalla lode e dall'approvazione”)

2 – i bambini non si concentrano sul processo ma soltanto sull'ottenere quella ricompensa (se diamo loro un gelato quando fanno i compiti di matematica, tenderanno a farli per riavere il gelato, non perché hanno capito l'importanza della matematica o – ancora meglio! - la possibilità di fare delle cose non troppo divertenti ma che in qualche modo possono diventare stimolanti).

Con le lodi l'effetto è lo stesso del gelato. Come dice Alfie Kohn, in un suo meraviglioso articolo, “A scanso di equivoci, il punto non è mettere in discussione l'importanza di sostenere e incoraggiare i bambini, il bisogno di amarli ed abbracciarli e di aiutarli a sentirsi bene con se stessi.”
Molti genitori quando sentono questo consiglio rabbrividiscono: “ma come! E l'autostima?”, “io ho sempre desiderato che i miei mi dicessero brava e ho sofferto molto questa mancanza, quindi lo dico continuamente a mio figlio!”, “ma non c'è nulla di male, ma perché non posso dirgli bravo se è stato bravo?”.
Introduciamo il tema dell'approvazione e del giudizio. Alfie Kohn scrive “la più importante caratteristica di un giudizio positivo non è che è positivo, ma che si tratta di un giudizio”.
Giudicare un bambino come “bravo!” (quando mangia tutto, quando sale le scale da solo, quando rimette a posto lo spazzolino, quando pulisce dove ha sporcato, quando lancia una pallina al cane, quando offre un gioco alla sua amica, quando da un bacio alla nonna, quando fa un disegno colorato...) significa andare a toccare la sua intera persona: tu, proprio tu, “tutto tu”, diventi bravo quando fai questa azione. A 2-3 anni le azioni che noi desideriamo che compiano sono moltissime e siamo davvero molto contenti quando finalmente (esempio diffuso!) rimettono a posto tutti i loro giochi... ma a sei, sette anni e poi a quattordici, quindici, sedici le cose cambieranno molto. Ci saranno azioni che chiederemo loro di fare e che loro non vorranno fare e ciò che sentiranno mancare (la nostra approvazione, sempre ricevuta, sempre elargita) li farà sentire molto molto male: perché senza quella approvazione avranno il dubbio di essere bravi che in altre parole significa di sentirsi amati, accolti, guardati, sostenuti. Si va a toccare il senso di Sé (ben diverso e più profondo dell'autostima), il loro valore personale, il sentirsi degni e meritevoli di amore. Avremo quindi costruito una relazione sull'amore condizionato: mi sento amato quando mi approvano, se non mi approvano di conseguenza sento che quell'amore viene a mancare. Sentire mancare l'amore, lo sappiamo tutti, è un'esperienza molto dolorosa. Inoltre lodarli quando fanno qualcosa che a noi fa piacere (quindi non un bel salto ma ad esempio quando riordinano i giochi) significa nella fattispecie manipolare i bambini, sfruttando la dipendenza che hanno da noi.
Seguiamo proprio ciò che dice il massimo “esperto di amore incondizionato”, Alfie Kohn, in un articolo di immensa portata che abbiamo tradotto e rielaborato (trovate i riferimenti al fondo del post).

1 - “Bravo!” è una forma di manipolazione: “Immaginate di offrire una ricompensa verbale per rinforzare il comportamento di un bambino di due anni che mangia senza sporcare, o uno di cinque anni che mette in ordine i suoi pennarelli. Chi trae vantaggio da questo? […] Il motivo per cui la lode può funzionare a breve termine è che i bambini sono affamati della nostra approvazione. Ma noi abbiamo la responsabilità di non sfruttare questa dipendenza per un nostro tornaconto. Un "Bravissimo!" per rafforzare qualcosa che rende la nostra vita un po’ più facile può essere un esempio di sfruttamento della dipendenza dei bambini. I bambini possono sentirsi manipolati da ciò, anche se non riescono ancora a spiegarsi il perché.”

2 – La lode può creare dipendenza: Come dicevamo più sopra, il bambino imparerà mano a mano a provare piacere in quella lode finale (davanti al suo disegno, davanti a un bel voto), a concentrarsi su quella, a produrre, creare, inventare, studiare e giocare soltanto per ottenere quel brivido d'amore: mamma e papà che contenti dicono “che bravo!”. Sempre dalle parole di Kohn: “Piuttosto che rafforzare l'autostima di un bambino, la lode può aumentare la dipendenza da noi del bambino stesso. Più diciamo "Mi piace come fai questa cosa....". o "Sei bravissimo a fare …. ", più i bambini faranno affidamento sulle NOSTRE valutazioni, LE NOSTRE valutazioni su ciò che è bene o male, anziché imparare a costruirsi un proprio giudizio (personale, ndt). E questo li porta a misurare il proprio valore in termini di ciò che porterà NOI a sorridere e regalare un po’ di approvazione. […]
Purtroppo, alcuni di questi ragazzi diventeranno adulti che continuano ad avere bisogno di qualcuno che accarezzi loro la testa e dica loro che quello che fanno va bene, che è ok”

3 – Togliere il piacere al bambino: anziché aiutarlo a concentrarsi sul processo (il piacere di fare un salto, la soddisfazione di fare canestro, la concentrazione creativa nel fare un disegno) e a utilizzare le sue emozioni per orientarsi nel mondo, lo portiamo a concentrarsi costantemente su ciò che penseremo noi di lui. Lo spiega come sempre in maniera eccellente Alfie Kohn: “Partecipo emotivamente alle occasioni in cui mia figlia riesce a fare qualcosa per la prima volta [...]. Ma cerco di resistere all'istinto di dirle: "Bravissima!" perché non voglio stemperare la sua gioia. Voglio che condivida il suo piacere con me, non che mi guardi per un verdetto. Voglio che esclami: 'Ce l'ho fatta!' (cosa che fa spesso) invece di chiedere a me incerta, 'Sono stata brava?'”. Qui si concentra il “e allora cosa devo dire al posto di bravo?”: dovremmo partecipare emotivamente. Rimandare le loro emozioni e condividere le nostre. “Sei felice? Sono felice con te!”.

4 - Perdere l’interesse: “La lode motiva i bambini? Certo. Motiva i bambini ad ottenere la lode.”. Questo si ricollega al punto precedente. I bambini non impareranno a prestare attenzione alla loro esperienza interna quanto all'approvazione esterna che deriverà. L'azione diventa strumentale e perde di valore: non disegno perché mi piace ma perché mi dicono che sono bravo. “Tali azioni diventano qualcosa che devono fare per ottenere la reazione di un adulto, piuttosto che vederle come qualcosa di prezioso in sé.”

Qui di seguito vi lasciamo la traduzione letterale delle opzioni che Kohn propone per sostituire la lode, perché sappiamo che avrete il timore di diventare genitori distaccati, freddi, che non mostrano sufficiente amore ai loro bambini. “E questo ci suggerisce che lodiamo perché NOI abbiamo bisogno di dirlo” per mostrarci amorevoli e calorosi, ma non è un bisogno del bambino. E' proprio sollevandoli dal vostro giudizio (positivo o negativo) che li renderete liberi di sentire e di esplorare tutto ciò che sono e, contemporaneamente, libererete anche voi stessi dall'idea “il bambino che vorrei che diventassi” e vi aprirete al “chissà tu piccolo cucciolo mio che persona sei e diventerai?” senza aspettative, senza pregiudizi, senza pretese ma solo amando incondizionatamente. “Ciò di cui i ragazzi hanno bisogno è il supporto senza riserve, l'amore incondizionato. Questo non è solo diverso dalla lode - è esattamente IL CONTRARIO della lode. "Bravissimo!" è condizionato. Significa che stiamo offrendo attenzione e approvazione perché fanno le cose che piacciono a noi.”
Si apre quindi l'annosa questione: “ma allora come sostituire la lode? Cosa dobbiamo dire quando fanno qualcosa e ci guardano o addirittura ci chiedono il nostro parere?”. In primis dobbiamo capire che loro ci guardano e richiamano la nostra attenzione non per ottenere un'approvazione ma per accertarsi che li abbiamo visti, che abbiamo partecipato, che abbiamo osservato ed eravamo PRESENTI. Che siamo interessati ad un loro disegno. Che siamo curiosi rispetto alla loro esperienza personale. Se si sono divertiti, se si sentono soddisfatti, se sono orgogliosi, se sono contenti, se desiderano riprovarci. E' una nostra proiezione quella di dover fornire una lode davanti alle loro richieste. Per natura un bambino non se la aspetterebbe, ciò che più si aspetta e di cui ha più bisogno è che lo rispecchiamo: che forniamo lui un rimando su ciò che ha fatto.
Sempre seguendo le parole di Kohn:
“E cosa possiamo dire quando i bambini fanno qualcosa di impressionante? Consideriamo tre possibili risposte:

1 - Non dire nulla. Alcune persone insistono che un atto gentile debba essere rinforzato” e questo deriva dall'idea di fondo che i bambini siano cattivi, monelli, da raddrizzare e che quindi sia necessario indirizzarli verso comportamenti socialmente accettabili e desiderabili. In realtà è molto più efficace che vedano autonomamente quanto una determinata azione (generosa o altruista) possa essere soddisfacente e preziosa.

2 - “Descrivere quello che hai visto. Una semplice frase senza valutazione ("Hai messo le scarpe da solo" o anche solo "Ce l’hai fatta”) comunica al bambino che avete visto. Gli consente inoltre di sentirsi orgoglioso per ciò che ha fatto. In altri casi, può avere senso una descrizione più elaborata. Se il bambino fa un disegno, si potrebbe fornire un feedback - non giudizio - su ciò che vedete: "Questa montagna è enorme!" "Tesoro, di sicuro oggi hai usato un sacco il colore viola!". Se un bambino fa qualcosa di gentile o generoso, si potrebbe portare l'attenzione sugli effetti che la sua azione produce sull’altra persona: "Guarda la faccia di Abigail. Sembra proprio felice ora che le hai dato parte delle tua merenda!". Questo è completamente diverso dalla lode, dove l'enfasi è su come vi sentite Voi riguardo a come si comporta il bambino.” Questa modalità risulta essere di enorme portata per ciò che riguarda la competenza emotiva del bambino, sia su se stesso che sull'altro. Prestare attenzione all'emozione di chi ha di fronte, di colui con cui interagisce, alle sue espressioni facciali, al suo comportamento è qualcosa di molto prezioso che possiamo fare con i nostri bambini. Significa lentamente lavorare su tutto ciò che riguarda la Teoria della Mente, un costrutto che riguarda proprio la capacità di comprendere e intuire emozioni, pensieri, intenzioni e desideri di chi abbiamo di fronte.

3 - “Parlare di meno, chiedere di più. Ancora meglio delle descrizioni sono le domande. Perché dirgli quale parte del suo disegno ti ha impressionato quando puoi chiedere cosa a lui piace di più? Chiedendo "Qual è stata la parte più difficile da disegnare?" o "Come hai fatto a capire come rendere i piedi della dimensione giusta?" è probabile che nutriate il suo interesse per il disegno. Dire: "Bravissimo!", come abbiamo visto, può avere esattamente l'effetto opposto. Questo non significa che tutti i complimenti, tutti ringraziamenti, tutte le espressioni di gioia sono dannosi. Dobbiamo considerare le nostre motivazioni per quello che diciamo (una genuina espressione di entusiasmo è meglio di un desiderio di manipolare il comportamento futuro del bambino), così come gli effetti reali nel farlo. Le nostre reazioni aiuteranno il bambino a sentire un senso di controllo sulla sua vita - o lo porteranno a guardare sempre a noi per l'approvazione? Lo aiuteranno a diventare più entusiasta di quello che sta facendo per l'azione in sé - o trasformeranno quell'azione in qualcosa che vuole finire per ricevere una pacca sulla spalla? Non si tratta di memorizzare un nuovo script, ma di tenere a mente i nostri obiettivi a lungo termine per i nostri figli e guardare gli effetti di ciò che diciamo. La cattiva notizia è che l'uso del rinforzo positivo in realtà non è così positivo. La buona notizia è che non c'è bisogno di valutare o giudicare per incoraggiare.”

Riteniamo quindi che questa parte di relazione sia un caposaldo dell'approccio dolce.
Amare incondizionatamente significa proprio liberarsi da una concezione di relazione genitore-figlio di tipo “gerarchico” e avvicinarsi a loro con immensa curiosità, rispetto, sincerità. Esserci in maniera autentica, mantenere il nostro ruolo di guida ma senza approfittarne, rimanendo costantemente trasparenti (faccio questo perché... ti chiedo questo perché... sento questa cosa dunque ti chiedo di...). Ci sono le tue emozioni, ci sono le mie, capiamone il significato e parliamone. Condividiamo. Ti ascolto attentamente perché so che un giorno riuscirai a farlo in maniera autonoma e ti avrò preparato ad affrontare il mondo. E che avrai ancora voglia di condividerlo con me.


Fonti: www.alfiekohn.org/article/five-reasons-stop-saying-good-job


Testo elaborato dalla Dott.ssa Valeria Falovo